Dialogo tra cinofile

La parola “cinofilo” è formata da cino- (dal greco κύων, cioè, "cane") e -filo (dal greco -ϕιλος ossia "caro a"); significa quindi "amante dei cani".

Nel rapporto cane-uomo l’amore è indispensabile, ma non è sufficiente. L’importanza dell’educazione civica e cinofila, il lavoro quotidiano, le energie spese, l’umiltà di riconoscere che non ci si può improvvisare proprietari di cani, le normative che vanno rafforzate. “Con cani così non basta lamore, c’è bisogno di un serio addestramento del cane e di una vera educazione del proprietario.”

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SM: Ciao Sabina e grazie per aver accettato il mio invito a questa chiacchierata. Inizierei con le presentazioni. Sono una dei soci fondatori dell’associazione L’Altra Parte del Guinzaglio ODV, associazione che nasce per dare voce a chi ha perso il proprio cane in maniera ingiusta e violenta: parliamo infatti delle aggressioni di cani su cani.

L’Altra Parte del Guinzaglio ODV ha tra i suoi capisaldi le parole SENSIBILIZZARE e CONDIVIDERE. Vogliamo diffondere cultura, civiltà e rispetto e questo non si fa innalzando muri, ma tessendo reti. Per questo ti ho contattata, perché so che sei una proprietaria di ben due pitbull che definire virtuosa è forse dir poco e perché mi interessa la tua storia e il tuo punto di vista. So che potrai offrirci spunti interessanti per andare avanti nel nostro cammino di tutela di tutti gli animali e di tutela dell’incolumità pubblica.

SBG: Ciao Simona e grazie a te per l’invito. Esatto, sono proprietaria di due pitbull: nel 2015 abbiamo accolto in famiglia Jago, il maschio. Regan, la femmina, è arrivata nella primavera del 2016, quando Jago aveva sei mesi. Entrambi sono arrivati nella nostra famiglia al compimento dei sessanta giorni di età.

SM: Allora, ti parlo brevemente della mia esperienza: ero uscita di casa con il nostro bassotto di nove anni, il nostro amatissimo Lapo, rigorosamente al guinzaglio e al passo. Avevo percorso appena duecento metri quando Lapo è stato aggredito da un pitbull vagante che è sbucato da dietro un angolo. Le ferite sono state devastanti e il nostro Lapo è morto la sera successiva all’aggressione – ti lascio immaginare lo strazio che tutto questo ha portato nella mia famiglia e le conseguenze che tuttora persistono per me e per i miei familiari perché per noi Lapo era una parte fondamentale delle nostre vite.

Allora non lo sapevo, ma queste tragedie sono all’ordine del giorno in tutta Italia. La cronaca è tristemente piena di fatti come quelli vissuti da me e da Lapo. Posso citare i titoli degli ultimi giorni: “Cagnolino azzannato e ucciso da due pitbull lungo la strada parco a Montesilvano”; “Amstaff morde due persone a Milano – il suo umano segnalato alla ASL”; “Marina di Cerveteri, Jack Russell muore dopo l’aggressione di un pitbull”; e infine il mio titolo preferito, che mette in bella mostra tutta l’inadeguatezza delle nostre normative: “Toscana – aggressione di pitbull, multa di cinquanta euro al proprietario”.

Questo solo nell’ultima settimana. La reazione a queste notizie è violenta: esplode, legittima, la rabbia e la frustrazione dei proprietari delle vittime e di chi ha il terrore di uscire in passeggiata con il proprio cane; “Pitbull assassino” è uno dei commenti più frequenti e si arriva molto spesso a inneggiare allo sterminio appunto dei pitbull e di tutti i cani impegnativi.

Ti confesso che anch’io ho ceduto a questa tentazione: certamente il mio disprezzo va nei confronti dei proprietari dei cani aggressori che, nel migliore dei casi, sono egoisti, superficiali e ignoranti, nel peggiore, sono dei veri e propri criminali – ma più di una volta mi sono ritrovata a pensare che se i pitbull e altre razze impegnative non esistessero, tutto sarebbe più facile, più sicuro, più sereno.

Poi ho riflettuto sullo scopo della nostra Associazione e più in generale su me stessa. Per sdrammatizzare un po’, mi è venuto in aiuto addirittura Paolo Sorrentino, con la frase cult del suo ultimo film che mi ripeto ogni giorno: “Non ti disunire”. Quindi ho pensato, cosa voglio fare? Voglio fare terrorismo fine a sé stesso o voglio contribuire a costruire qualcosa di buono?

Ecco, parlando con te, una tua affermazione che mi ha molto colpito è stata: “Tra i proprietari di pitbull ci sono molte più persone responsabili e consapevoli di quanto possiate immaginare”. Mi ha fatto sperare che, facendo squadra, riusciremo a trovare il bandolo della matassa del fenomeno delle aggressioni da parte di cani. Le guerre tra chi ha il cane piccolo, chi il medio e chi il gigante non ci interessano. Vuoi commentare?

SBG: È proprio così, non sono esattamente una mosca bianca. In effetti, ci sono molti compagni di vita di pitbull che sanno bene cosa “hanno al guinzaglio” e che per questo hanno intrapreso un percorso educativo al fine di riuscire a saper gestire il proprio cane in ogni situazione.

SM: Direi che i proprietari (o la loro assenza) hanno un ruolo decisamente da protagonista nelle aggressioni. Basta poco per capire che la rabbia suscitata dalle tragedie che si succedono giorno dopo giorno su tutto il territorio italiano è legittima – è inutile e anche un po’ paternalistico tacciare il pubblico di isterismo – ma rivolta nella direzione sbagliata. L’oggetto di questa indignazione dovrebbe essere esclusivamente il cosiddetto italiano medio che “non sa cosa legge, non sa cosa elegge, non sa cosa è legge” – il riflettore va puntato sui proprietari di cani che, per manifesta ignoranza e inciviltà, pensano di poter fare come gli pare anche perché questa possibilità è a loro abbondantemente concessa da chi dovrebbe vigilare sul rispetto delle regole. Le aggressioni sono dunque lo specchio di una società in cui prevalgono l’egoismo e l’ignoranza, la mancanza di educazione cinofila e civica.

Sembra un ragionamento banale, ma – sull’onda dell’emotività – spesso ci dimentichiamo che i cani che aggrediscono e uccidono non hanno alcuna responsabilità. Responsabilizzare gli animali è un vero e proprio retaggio medievale, però è arrivata l’ora di crescere, di traghettarci nel ventunesimo secolo con i fatti, non solo con le parole, e di assumerci le nostre responsabilità. Le aggressioni da parte di cani sono un fenomeno che ha radici del tutto umane.

SBG: Sono assolutamente d’accordo. Le aggressioni da parte di cani, da parte di cani di ogni razza aggiungerei, sono una responsabilità degli umani. Il fenomeno è ampio e complesso, ma sempre riconducibile a una singola parola: rispetto. Manca il rispetto verso l’altro, che sia cane o umano.

SM: Sabina, tu sei una proprietaria di due pitbull e li conosci molto bene perché vivi e lavori in campo con loro ormai da diversi anni. La domanda che sorge spontanea è: i pitbull sono pericolosi?

SBG: Il Pitbull è pericoloso? Rispondo con un’altra domanda, il pastore tedesco è pericoloso? Secondo me la risposta ad entrambe le domande è sì se non sono ben gestiti, sì se vivono in un giardino che non è in sicurezza, che non ha una rete adeguata e che non ha misure di contenimento adeguate. Tutto questo è vero per ogni cane che arriva a mordere un altro cane o umano.

SM: Perché, tra tutti i cani esistenti, si sceglie il pitbull? Noi abbiamo scelto Lapo perché innamorati dell’aspetto buffo dei bassotti. Poi ci abbiamo messo un nanosecondo a innamorarci del suo caratterino, ma il nostro primo approccio alla razza è stato puramente estetico. Puoi parlarmi del tuo primo approccio con i pitbull? Cosa ti ha portato verso di loro?

SBG: Abbiamo scelto il pitbull per accontentare i nostri figli. Io sono cresciuta con pastori tedeschi e ne avrei ripreso volentieri uno, ma Vittorio si era innamorato a livello puramente estetico del pitbull e del bull terrier, così – quando abbiamo deciso di accontentarlo – ho iniziato a cercare un allevamento che fosse vicino a casa, che potessi andare a visitare frequentemente e che mi desse delle garanzie sulla selezione e affidabilità. A novembre 2015 abbiamo portato a casa Jago e dalla domenica successiva abbiamo iniziato a frequentare un campo di addestramento a mezz’ora di strada da casa nostra.

SM: La prima cosa che l’addestratrice ti disse durante il vostro primo incontro è una frase di un certo impatto.

SBG: La prima cosa che l’addestratrice ci disse fu “avete in mano unarma, sta a voi come usarla” e ciò mi ha fatto veramente molto pensare e mi ha dato la spinta per decidere di iniziare subito percorso educativo con cadenza settimanale. Pian piano, l’addestratrice ci ha insegnato ad usare gli strumenti di conduzione idonei. Il primo percorso fatto con l’addestratrice aveva il fine di instaurare un rapporto basato sulla fiducia e sulla collaborazione.

SM: Puoi parlarci del lavoro che fai con i tuoi cani, in termini di educazione, addestramento? Quando hai iniziato a vedere i primi progressi? Hai avuto momenti di scoraggiamento? Quando, invece, ti sei sentita sicura del legame di fiducia instaurato con i tuoi cani?

SBG: Entrambi i cani hanno iniziato il percorso educativo a due mesi d’età, quindi appena arrivati a casa con noi. Per un anno ci siamo dedicati all’educazione di base sia in campo che in zone urbane con lezioni singole e poi di gruppo proprio per imparare a gestire i nostri cani in vari contesti e varie situazioni. Ci sono stati sicuramente dei momenti di scoraggiamento, perché ci sembrava che i cani non avessero più voglia di fare nulla o che addirittura non ubbidissero più, a quel punto ci siamo resi conto che era necessario fare un passo indietro e riproporre esercizi più semplici e più divertenti per consolidare il rapporto e per poi poter ripartire.

I risultati sono stati evidenti dopo pochissime lezioni. Per rispetto e per legge portiamo sempre i nostri cani al guinzaglio e la passeggiata ha sempre una parte ludica e una di educazione: ad esempio, se incontriamo una panchina, la panchina stessa può essere utilizzata come strumento educativo, un ostacolo da superare insieme o da far superare al cane, a seconda di quello che si vuole ottenere.

In seguito, un po’ per gioco, verso i loro due anni di età abbiamo iniziato a fare mantrailing: abbiamo fatto questa scelta inizialmente per consolidare il legame di fiducia e collaborazione e per fare un’attività che divertisse sia il cane sia noi, poi pian piano abbiamo deciso di fare sul serio. Tre anni fa abbiamo sostenuto e superato l’esame per Unità Cinofila da Soccorso e attualmente facciamo parte di un nucleo cinofilo della Protezione Civile: veniamo chiamati in caso di dispersi in zone urbane e non urbane. Per mantenere questo impegno ci addestriamo in media un giorno alla settimana e una volta al mese per due giorni consecutivi.

SM: È un impegno decisamente totalizzante. L’educazione cinofila è qualcosa che interessa tutti i componenti della tua famiglia?

SBG: Sì, l’educazione di entrambi i cani è seguita da tutti i componenti della famiglia. È fondamentale che chiunque prenda in mano un guinzaglio conosca bene sia il cane sia cosa fare nelle diverse situazioni che possono presentarsi.

SM: Conosciamo il modo e le funzioni per cui è stato selezionato il pitbull. Il nome stesso ci dà indicazioni sulla sua storia evolutiva, sulle caratteristiche e le attitudini. Puoi dirci qualcosa sulla memoria di razza del pitbull? In primo luogo, cos’è la memoria di razza? Come influenza i comportamenti del pitbull in diversi contesti?

SBG: La memoria di razza è presente in ogni razza canina ed è riassumibile così: linsieme delle doti caratteriali, degli istinti e delle attitudini che caratterizzano la razza. Il pitbull è stato selezionato per essere un combattente e le sue caratteristiche sono: tempra alta, competitività, grinta, coraggio, impetuosità e irruenza. Queste doti le ha mantenute e le esercita nel raggiungere un qualsiasi obiettivo in una qualsiasi attività, anche inseguendo una pallina o mordendo il manicotto mentre gioca con il proprio proprietario. Il pitbull rimarrà per sempre un cane che non va daccordo con i propri simili, ma con l’addestramento e una buona gestione potrà essere portato in giro in sicurezza, fare sport e anche essere impiegato nel sociale perché semplicemente smetterà di interessarsi al resto e la sua attenzione sarà focalizzata sul suo conduttore.

SM: Assodato che il pitbull è un cane decisamente impegnativo, a chi consiglieresti questo cane? O meglio, quali sono per te le caratteristiche che fanno di un essere umano un buon proprietario di pitbull?

SBG: Chi si vuole approcciare a questa razza, ma in generale a tutti i terrier di tipo bull, deve mettere in conto di poter avere tempo e risorse economiche per frequentare corsi e lezioni; deve conoscere e rispettare le caratteristiche di razza senza volerne fare un cane da parchetto. Purtroppo, con cani così non basta l’amore, ma c’è bisogno di un serio addestramento del cane e di una vera educazione del proprietario.

SM: Alla luce di molti fatti, non sarebbe logico limitare il pitbull alla funzione di cane da lavoro? Intendo dire impedire la detenzione di questi cani a chi non è un tecnico.

SBG: Non credo sia corretto, vorrebbe dire banalizzarli, non riconoscere e sminuire tutte le altre caratteristiche del pitbull: in realtà, il pitbull è un cane pronto a seguirti ovunque, in ogni avventura; quindi, il pitbull è tecnicamente un cane adatto a una famiglia. Limportante è che chi decide di volerlo sia disposto a mettersi in gioco e dedicare risorse e tempo per far sì che la convivenza sia sicura: è nostra la responsabilità dell’ambiente e degli stili relazionali che gli mostriamo e che gli costruiamo intorno, è nostro il compito di guidarlo saldamente nell’interfacciarsi con la realtà che lo circonda.

SM: L’Associazione L’Altra Parte del Guinzaglio ritiene che l’attuale corso per conseguire il “patentino” non sia assolutamente sufficiente a formare dei proprietari consapevoli. Vorremmo proporre, per esempio, l’obbligatorietà del CAE-1 (Test di Controllo dell’Affidabilità e dell’Equilibrio Psichico per Cani e Padroni Buoni Cittadini) o comunque una patente che oltre alla verifica di nozioni scientifiche, etologiche, cinofile preveda il superamento di prove in campo e nei contesti urbani.

SBG: Il CAE-1 è una buona idea, ma ricordiamo che l’età minima per sostenere il test è di quindici mesi. Pur passandolo a quell’età, non si ha la garanzia che il cane manterrà per tutta la sua vita ciò che ha dimostrato nel CAE-1. Il pitbull, come molte altre razze, ha una maturazione lenta, tra noi lo chiamiamo l’eterno Peter Pan. La vita di un pitbull non è scontata, ha veramente tanti cambiamenti e la cosa migliore potrebbe essere il ripetere lesame ogni 2-3 anni.

SM: In alcuni paesi europei esiste la famosa “lista nera dei cani”, ossia un elenco di razze la cui detenzione è vietata tout-court. Da noi in Italia questa lista che includeva – per citarne alcuni – pitbull, rottweiler, american bulldog e dogo argentino, è stata abrogata nel 2009 dopo le critiche dell’ENCI (Ente Nazionale Cinofilia Italiana), dell’Associazione nazionale medici veterinari, del Consiglio Superiore della Sanità e del Ministero delle Politiche agricole, tutti d’accordo nel sostenere che la correlazione tra razze e aggressività non avesse alcun fondamento scientifico. Ecco, forse va fatta un po’ di chiarezza su questo punto. L’aggressività è o non è una delle doti caratteriali di un cane, che può essere più o meno espressa, anche in rapporto a tutte le altre doti e ai fattori ambientali? Le doti caratteriali non sono frutto della genetica?

SBG: Certamente, laggressività è una dote genetica dei cani, così come la capacità di reazione agli stimoli o la capacità di difendere sé stesso o una sua risorsa, che si tratti di un giocattolo, di cibo, o del proprietario stesso. Tutte le doti caratteriali del cane sono genetiche e bisogna conoscerle e imparare a gestirle nella maniera giusta.

SM: La genetica – e dunque la biologia e, dunque, la scienza – determina ovviamente anche la morfologia dei cani. La correlazione tra morfologia del cranio, origine e inserzione dei muscoli e forza esercitata dal morso ha solide basi nell’anatomia. Posto sempre che tutti i cani di tutte le taglie vanno gestiti con consapevolezza e nel rispetto delle regole (una per tutte: obbligo di guinzaglio di 1.50 metri sul suolo pubblico), è corretto dire che la possibilità di causare DANNI GRAVI varia in base alle diverse morfologie.

Alla luce di tutto ciò, sono del parere che passare dalle liste nere alla tana libera tutti sia stata una stupidaggine. Ribadendo che nella gestione DI TUTTI I CANI sono necessarie responsabilità, consapevolezza, buon senso e rispetto delle normative in vigore, è anche necessario riconoscere i diversi potenziali di pericolosità e trovare una sana via di mezzo tra tutela dell’animale e tutela dell’incolumità pubblica. Esiste un estremo che è quello di alcuni paesi scandinavi: al primo sgarro scatta l’eutanasia. Poi esiste l’estremo opposto ossia l’Italia garantista fino – letteralmente – alla morte. Nel mezzo, ci sono tantissime opzioni da esplorare – l’obbligatorietà di corsi di formazione per i proprietari di cani impegnativi è solo uno di questi. La nostra associazione crede nel motto “non tutti i cani sono per tutti”. Si dovrebbe permettere la detenzione di cani con un certo potenziale di pericolosità solo a chi si dimostra consapevole dell’importante impegno che ci si sta assumendo. Cosa ne pensi?

SBG: Ovviamente un cane di grossa taglia, come un qualsiasi altro animale di grossa taglia, quando morde fa più danni di un animale di piccola taglia e negarlo è sbagliato. Una buona idea potrebbe essere quella di istituire dei corsi per i futuri proprietari prima che questi decidano di portare a casa il cane, di qualsiasi razza esso sia. Sicuramente si dovrebbe avere un occhio di riguardo verso le razze più “importanti”, con un corso di educazione di base, superamento del CAE 1 e una revisione periodica dello stesso esame. Anche noi, come Unità Cinofila brevettata, dopo il primo esame che è più completo e più complesso abbiamo annualmente il rinnovo del brevetto con un esame che deve essere di pista, ma anche puramente di gestione del cane.

SM: Un altro punto fondamentale è sicuramente iniziare a sottoporre a severi controlli e, con il tempo, arrivare a eliminare le famose cucciolate casalinghe: incroci fatti senza criterio che portano a risultati inaspettati e molto spesso pericolosi, nonché dannosi per la salute dei cani derivati da questi incroci.  Questi cuccioli vengono venduti e/o ceduti a chiunque: il cagnaro che vende in nero un assurdo incrocio di pitbull con un annuncio sui social, o nel suo garage, o in un parcheggio, difficilmente si preoccuperà di selezionare accuratamente i proprietari. Il più delle volte, questi cani risultano ingestibili e finiscono in mezzo a una strada e in canile. Le strutture di ricovero sono strapiene di pitbull e simil-pitbull che raramente vengono ri-adottati e, se succede, è possibile che subiscano nuovamente la stessa sorte: considerati troppo impegnativi verranno abbandonati, ceduti… so anche che c’è chi provvede “privatamente” alla soppressione quando il cane “impazzisce” (tratto da una storia vera). Perché è così difficile normare la riproduzione casalinga? È una situazione del tutto “italiana”?

SBG: Purtroppo è un problema non solo litaliano ma di tutti gli Stati in cui non esiste una seria normativa di detenzione e di allevamento e dove vige la regola del soldo facile.

SM: I tuoi pitbull provengono da un allevamento: puoi dirci se esiste un processo di selezione dei proprietari?

SBG: I nostri due Pitbull arrivano da due allevamenti diversi, direi quasi agli opposti sia come selezione che come caratteristiche di razza: il maschio è più tranquillo, con una reattività più lenta e possiamo definirlo più equilibrato; la femmina è molto più spinta, sicuramente molto più difficile da gestire del maschio. Lei non ci ha proprio regalato niente. In entrambi casi, maggiormente nel caso della femmina, siamo stati sottoposti a una bella fila di domande e almeno due incontri conoscitivi prima di portare a casa i cani.

SM: Esiste un follow-up degli allevatori nei confronti di chi ha acquistato il cane? Se no, pensi che potrebbe essere utile?

SBG: Nel nostro caso con il maschio non è stato possibile, perché purtroppo l’allevatore è venuto a mancare, ma comunque abbiamo avuto modo di incontrarci alcune volte prima che questo succedesse. In Italia ci sono allevatori eccezionali che seguono il cucciolo e la famiglia nel tempo, quasi per tutta la durata della vita del cane.

SM: Forse dovrebbe esserci un obbligo in questo senso. Sarebbe interessante se anche gli allevatori si assumessero delle responsabilità nel destino cui va incontro il cane. A proposito di allevamenti, viene automatico pensare a un altro argomento che in Italia è inspiegabilmente controverso: la sterilizzazione. A che età hai fatto sterilizzare i tuoi cani? Perché hai preso questa decisione?

SBG: La femmina Regan è stata sterilizzata prima del primo calore su consiglio della veterinaria. Ora aspetterei il calore e non lo farei più così da piccola, aspetterei che il carattere sia formato e che anche fisicamente ci sia uno sviluppo più giusto. Il maschio invece è stato castrato verso l’anno e mezzo per par condicio! No, scherzo, abbiamo preso questa decisione su consiglio della veterinaria e anche perché non avevamo nessuna intenzione di farlo riprodurre.

SM: Saresti favorevole all’obbligo di sterilizzazione di alcune razze di cani e loro incroci come avviene per esempio in Francia?

SBG: Sì, assolutamente. La sterilizzazione incontra resistenze non solo per cultura, ma anche per via del fattore economico. Una sterilizzazione, almeno al nord, costa quasi come comprare il cane, ma ritengo che, come avviene per l'adozione da un canile per cui la sterilizzazione dovrebbe essere obbligatoria, anche per l’acquisto da un allevatore dovrebbe esserci un serio obbligo di sterilizzazione, per tanti motivi e anche nel rispetto del lavoro degli allevatori. Certo, la guida dei veterinari è essenziale.

SM: A proposito di veterinari, il più delle volte mi sembra che siano scarsamente coinvolti nelle vite dei binomi cane-umano. Mi spiego meglio: da ordinanza ministeriale i veterinari dovrebbero essere in prima linea nella diffusione della cultura cinofila e di un sano rapporto uomo-animale; invece, mi sembra che siano un po’ defilati, chiaramente con le dovute eccezioni. Credo ci sia bisogno di una loro presenza costante sul territorio e nelle vite dei proprietari di cani – una sorta di guida/sentinella su come i cani vengono gestiti dalle famiglie. Utopia? Inoltre, sarebbe opportuno iniziare a formare sistematicamente i proprietari di cani del domani, con lezioni di conoscenza e approccio ai cani ai bambini e ai ragazzi delle scuole. Non è un compito che può essere lasciato al buon cuore o alla sensibilità di una manciata di insegnanti che si prendono la briga di contattare le associazioni.

SBG: Secondo me il veterinario non sempre conosce in maniera approfondita le caratteristiche delle varie razze perché sono veramente tante e hanno sfumature quasi impercettibili. Credo che un proprietario consapevole dovrebbe scegliere il veterinario più adatto dopo aver scelto la razza e dopo essersi assicurato che quel veterinario abbia una buona conoscenza della razza. Per quanto riguarda la formazione dei ragazzi, certo! La loro educazione è essenziale: fortunatamente, negli ultimi anni molte scuole e centri estivi si rivolgono sia alla Protezione Civile sia ai centri cinofili per organizzare quelle che vengono comunemente chiamate giornate cinofile. Sono incontri in cui si spiegano tante cose che spesso vengono date per scontate, ma che per i futuri proprietari e quindi anche per bambini e ragazzi non lo sono per niente. Noi, nel nostro piccolo, lo scorso luglio ci siamo resi disponibili per queste giornate in due asili, una scuola elementare e nel centro estivo della Protezione Civile. Abbiamo iniziato presentando i nostri cani, presentando ai ragazzi e ai bambini la nostra attività nel sociale e spiegato poi come approcciarsi ad un cane che non si conosce, ma anche come ci si deve comportare con il proprio cane di famiglia, cosa si deve fare e cosa non si deve assolutamente fare. Infine, abbiamo giocato al “disperso”: abbiamo dato una dimostrazione di come i nostri cani possono condurci con il fiuto e di come riescano a farci individuare una persona in difficoltà. Devo dire che questa attività è piaciuta moltissimo ai ragazzi, ma anche i bambini più piccoli.

SM: I bambini sono sorprendenti, messi nelle giuste condizioni sono in grado di mostrare una sensibilità e una curiosità che spesso va oltre le aspettative. L’educazione delle nuove generazioni è un punto cruciale: magari quando questi ragazzi tornano a casa, riescono persino ad insegnare una cosa o due ai loro genitori. Tornando un momento sul tema della civiltà: un’altra tua affermazione mi ha particolarmente colpito: mi hai raccontato che, quando siete in posti dove i tuoi cani non sono conosciuti – ad esempio in villeggiatura – ti capita spesso di decidere di lasciare i cani in casa non per tua o loro inadeguatezza al contesto, ma perché rispetti la paura che i tuoi cani potrebbero causare negli altri. L’ho trovata una cosa di una civiltà estrema: rispettare le paure altrui. È una cura che non tutti hanno, soprattutto nel mondo dei proprietari di cani, almeno per la mia esperienza. È assolutamente legittimo avere paura dei cani ed è legittimo non volerne incontrare di sciolti sul proprio cammino.

SBG: Jago e Regan sono sempre al guinzaglio e condotti separatamente, perché io peso 47 kg e loro – insieme – 56, dunque se li portassi in giro contemporaneamente saremmo un pericolo: tenere due cani in una situazione di disagio sarebbe difficile per me. Fortunatamente posso separarli perché ho tempo di portarli in giro in momenti diversi, alternando tra i due cani passeggiate lunghe e passeggiate corte. Noi abitiamo in centro storico, quindi per raggiungere la campagna dobbiamo attraversare la città e spesso lo facciamo a piedi: nell’ambiente urbano mi sono abituata a guardarmi intorno, a guardare la postura del cane e cerco sempre di capire se avverto in loro paura o nervosismo. Se è così cambio marciapiede se possibile, altrimenti mi fermo e li metto in attenzione su di me e faccio passare il cane o l’umano che stiamo incontrando e che sta creando disagio nel cane.

SM: Certo, è assolutamente necessario conoscere e saper captare i segnali che manda il cane, il suo linguaggio del corpo. Troppo spesso ci dimentichiamo che uomo e cane parlano lingue diverse, sta a noi interpretare la loro nel migliore dei modi per poter costruire un rapporto solido e senza fraintendimenti, basato sulla comprensione reciproca. Sono d’accordo con te quando dici che la chiave di tutto è il rispetto verso l’altro, verso qualunque cosa sia all’infuori di noi stessi.

SBG: Sì, è così. Conoscere approfonditamente l’altro e, in questo caso, i cani, equivale a rispettarli. Poi, c’è il fattore tempo e dedizione: con i cani, e in particolare con quelli impegnativi, si deve essere pronti a studiare e lavorare per tutta la durata della loro vita. Si deve essere pronti a non smettere mai di imparare, anzi: attualmente, per esempio, noi ci stiamo preparando per il test BH. È uno stile di vita che va scelto con consapevolezza e che senza passione e impegno è difficile da mantenere.

SM: Grazie per il tempo che ci hai dedicato. Abbiamo in comune la speranza di veicolare un messaggio semplice: per essere dei buoni proprietari di cani impegnativi è necessario investire molto tempo, energie e risorse economiche e bisogna avere molta umiltà per imparare, lavorare, riconoscere quando qualcosa non va per correggere il tiro, sempre e comunque affidandosi a dei professionisti esperti. Non ci si improvvisa proprietari di cani in nessun caso, men che meno se i cani sono potenzialmente pericolosi quando educati, gestiti e considerati nel modo sbagliato.