Le paure degli altri

Che i social media siano – tra le altre cose – una fogna dove chiunque è legittimato a vomitare qualsiasi pensiero gli passi per la testa, non importa quanto ignorante e nefando questo sia, è ormai assodato; eliminato il rischio di prendersi un meritato cartone in faccia come potrebbe accadere nella vita reale, ognuno di noi è completamente e spudoratamente sé stesso ed è qui che si aprono orizzonti tanto interessanti quanto avvilenti.

Qualche giorno fa, nella pagina Facebook non ufficiale di un paesello qualunque del centro Italia, viene pubblicata una richiesta d’aiuto da parte di una famiglia che ha smarrito un pitbull e contemporaneamente si esortano i cittadini a fare particolare attenzione. La storia si conclude nel migliore dei modi, perché il cane viene recuperato dalla sua famiglia in poche ore.

In tempo reale, però, nella sezione commenti del post, c’è anche chi esprime paura e preoccupazione per la sicurezza del quartiere e delle aree circostanti, cosa che dovrebbe essere totalmente legittima; invece, sopraggiunge il genio della lampada di turno, laureato in veterinaria presso l’università della vita, che digita con le sue dita unticce: “La sicurezza del quartiere? Non è mica scappato un puma affamato!”

Un altro, a un utente che esterna la sua paura al pensiero di potersi imbattere in un cane vagante, sconosciuto e di una certa imponenza, risponde fieramente: “Impari a gestire le sue paure inutili invece di esortare alla sicurezza!”

“Le tue paure inutili”. L’ignoranza dietro queste quattro parole è inquantificabile, spazia dal diritto alla biologia. Dell'arroganza che ci vuole per rivolgerle a qualcuno, per di più a qualcuno di cui non si sa assolutamente nulla, non sto neanche a parlare.

Ebbene, quest’ultimo commento per me vince una medaglia in quanto racchiude il nocciolo del fenomeno delle aggressioni provocate da cani e cioè: non ce ne può fregare di meno di quello che pensa e sente il prossimo. Neanche lontanamente, nemmeno un po’, nemmeno per sbaglio.

È un po’ come quando alla richiesta di mettere il guinzaglio a un cane in luogo pubblico ci si sente rispondere: “Non ti preoccupare, è buono, non ti fa niente!”, oppure come quando davanti alla stessa richiesta si viene pestati di botte, come è successo qualche settimana fa a Prato.

Le aggressioni da parte di cani su cani sono un fenomeno complesso senza dubbio perché sì, mancano i controlli, mancano le istituzioni, manca una normativa adeguata, manca l’interesse politico, manca l’educazione cinofila, manca tutto quello che una società civile dovrebbe invece garantire e su questo siamo d’accordo – ma noi comuni cittadini? Siamo così bravi e virtuosi? Le cose capitano o le facciamo capitare?

La verità, credo, è che viviamo nella più totale insensibilità al dolore che la nostra negligenza può causare. Non ci piace pensare di avere delle responsabilità nei confronti del vicino e della collettività. Vogliamo essere liberi di fare quello che ci pare, specie se a danno o a fastidio degli altri. [semi-cit.]

Un dramma non ci tocca finché non diventa il nostro. C’è chi mi dice che è normale. Davvero? È necessario “esserci passati” per essere educati, rispettosi delle regole e degli altri, e comprensivi, tolleranti?

L’unica superiorità che l’essere umano può vantare nei confronti degli altri animali è quella di poter mettere il proprio intelletto al servizio dell’etica. Sempre meno però esercitiamo questa facoltà nel nostro vivere quotidiano. In altre parole, abbiamo poco da vantarci.

Nei miei momenti di maggiore rabbia penso che tutti dovrebbero farsi una rotolata nel sangue e nelle feci del cane che amano, così, per imparare la lezione. Poi torno sulla terra, mi pento e mi dolgo e mi dico che nessuno – né animale né umano – merita uno strazio simile. La nostra associazione si batte per questo: per far sì che, in un futuro si spera non lontanissimo, questo non accada mai più.

Mi perdonerete, però, se continuo a non pensar bene di chi, davanti alla morte violenta e dolorosa di una creatura che ho amato a dismisura, commenta con un passivo e superfluo, condito con una punta di compiaciuto cinismo (perché si sa, mostrare sensibilità è una debolezza inaccettabile): “Può succedere.”



Simona Mascolo